Un uomo di bell’aspetto sui cinquant’anni, ancora curato nel viso, entra al supermercato come un cliente qualsiasi. Prende il suo numero al banco degli alimentari e aspetta il suo turno per prendere qualche fetta di affettato. Alla cassa, con sguardo distratto paga un etto di prosciutto e un pezzo di pane. Tutto normale, tutto quotidiano nella vita quotidiana di una persona normale, ma all’uscita l’uomo si siede su una panchina, scarta il suo cartoccio e si confeziona un panino con aria sconsolata: le mani tremano, lo sguardo è perso, la mente vaga. Tutto attorno si muove come al solito, in modo frenetico e distratto, mentre lui rimane seduto come al rallentatore consumando lentamente un panino al prosciutto.
Qualcuno osserva, ma non commenta: la vita continua e passa via. Uno sguardo in lontananza mostra l’uomo del panino con le mani sugli occhi per non vedere più la realtà.
Questo breve racconto, elaborato da una testimonianza reale, è il paradigma di un’ inquietudine che assale sempre più persone che dai 50 anni in su perdono il lavoro, la sicurezza, la famiglia e si ritrovano senza paracaduti sociali in un mondo di miseria.
E’ la nuova povertà che sta assalendo la classe media del Nordest e non solamente di questa opulenta regione.
Un 67enne di Bolzano muore d’infarto dopo essere stato scoperto a rubare un dentifricio e uno shampoo. Terzo caso drammatico di povertà in pochi giorni nella ricca e ridente Bolzano: in precedenza un anziano era stato trovato morto nella sua abitazione dopo una decina di giorni e un uomo senza fissa dimora è stato trovato senza vita in riva al fiume Isarco.
Sono imprenditori, professionisti, commercianti, ristoratori, lavoratori che si ritrovano per strada a causa di fallimenti, separazioni famigliari, perdita di lavoro improvviso che sono, secondo gli ultimi dati Istat, nel Nord il 5.5% mentre quella relativa tocca il 6.2%. Guardando più specificatamente dentro alla povertà relativa, vediamo che questa condizione riguarda circa il 6% delle famiglie del Veneto e del Friuli-Venezia Giulia e il 4% di quelle della provincia di Trento.
E la povertà, quando colpisce gli adulti arriva a coinvolgere i minori che sono costretti ad abbandonare gli studi, a non frequentare palestre e campi sportivi.
L’Istat calcola che nel 2018 i minorenni in povertà assoluta sono 1 milione e 260 mila pari al 12,6%. L’incidenza dei minori in povertà va dal 10,1% nel Centro fino al 15,7% nel Mezzogiorno, sostanzialmente stabile rispetto al 2017. Le famiglie con minori in povertà assoluta sono oltre 725mila, con un’incidenza dell’11,3% (oltre quattro punti più alta del 7,0% medio nazionale).
Anche nel 2018, la povertà assoluta aumenta per le famiglie con figli conviventi, soprattutto se minori: si va dal 9,7% delle famiglie con un figlio minore al 19,7% di quelle con 3 o più figli minori. Tra le famiglie con un solo genitore la povertà è più diffusa rispetto alla media, con un’incidenza dell’11%, in aumento rispetto all’anno precedente, quando era pari a 9,1%.
Ma come viene percepita la povertà?
Secondo l’Osservatorio sul Nord Est, curato da Demos per Il Gazzettino, sei nordestini su dieci ritengono che sia una condizione che impedisce di avere l’essenziale per vivere, mentre il 40% sostiene che sono poveri anche coloro che non possono permettersi niente altro che la sopravvivenza.
Ormai 100.000 persone, tra cui anche 15enni che nel Veneto si rivolgono alle mense dei poveri per un pasto caldo o per ricevere dei pacchi alimentari. Sono i dati aggiornati allo scorso anno, elaborati da Coldiretti secondo i fondi Fead diffusi dall’Agenzia per le Erogazioni in Agricoltura (Agea) alla vigilia della Giornata dell’Alimentazione indetta dalla Fao.
Una povertà invisibile dunque, ma estremamente presente.
Lo scorso Venerdì 11 ottobre a Schio è stata presentata la ricerca “Conoscere i nuovi profili della povertà in un’area ad alta coesione sociale. L’Altovicentino”, realizzata da Local Area Network (LAN) per il progetto “Dimore accoglienti”, promosso da Samarcanda con i Comuni di Schio, Thiene, Malo, Marano Vicentino, Santorso e San Vito di Leguzzano e con Caritas, ADA, Auser e Anteas con la partecipazione di Lorenzo Sette, presidente della cooperativa Samarcanda; Luca Romano, direttore LAN; Cristina Marigo, assessore al Sociale del Comune di Schio; Anna Maria Savio, assessore Servizi alla persona e alla famiglia del Comune di Thiene; Alessandra Corò, direttrice Distretto 2 dell’ULSS7 Altovicentino.
Dalla ricerca condotta da LAN emerge una nuova povertà di tipo traumatico come spiega il direttore di Local Area Network Luca Romano «Oggi si diventa poveri per effetti traumatici, come il fallimento aziendale, la perdita del lavoro, la rottura dei rapporti familiari, le malattie invalidanti e le dipendenze dalle sostanze o dal gioco Situazioni di questo tipo non riguardano soltanto le classi più basse della società, ma vari livelli sociali, con processi di impoverimento molto veloci». Dalla povertà come fenomeno circoscritto al Sud o alle famiglie numerose e monoreddito si è passati ad una vulnerabilità diffusa. Tra gli esempi, la storia del piccolo impresario edile che dopo il fallimento si ritrova a dormire in auto e poi a Casa Bakhita. O la vicenda dell’ex ristoratore costretto a dormire in una struttura disabitata.
Gli ex imprenditori che hanno subito un fallimento o dipendenti che perdono il lavoro sono particolarmente fragili per dover vivere il disagio economico in una sorta di limbo senza diritti per le insolvenze che hanno accumulato.
Molti di questi nuovi poveri, spesso per pudore, senza una rete sociale di prossimità e perdendo i legami sociali, ( famiglia, amicizie o vicini di casa sensibili) si ritrovano da soli in un mondo a loro sconosciuto per cui si ritrovano a servirsi sporadicamente di reti informali gestiti dal volontariato come la Caritas presenti nel territorio.
E il Pronto Soccorso degli ospedali diventa anch’esso un ancora di salvezza per chi è in difficoltà.
I rischi di impoverimento sono il doppio rispetto a 10 anni fa che raggiungono il 30% nel Veneto.
Solo nella provincia di Vicenza sono 3955 nuovi poveri, il 4,6 per mille degli abitanti e le famiglie in difficoltà sono l’1,3%.
Gli italiani richiedenti aiuti e redditi di sostegno sono ormai la maggioranza rispetto ai migranti o ai rifugiati.
Diventa prioritario individuare le fragilità prima che si cronicizzino, come è stato affermato durante il convegno di Schio con la necessità di integrare le reti di assistenza sociale che secondo gli esperti devono lavorare in sinergia con un monitoraggio continuo tra associazioni e istituti benefici e le strutture istituzionali comunali assieme a quelle socio-sanitarie.
I Comuni, tramite i servizi di segretario sociale stanno facendo sforzi organizzativi importanti per sostenere le famiglie disagiate.
Thiene, ente capofila dei 32 comuni che ruotano attorno all’Ulss Pedemontana, dall’estate del 2016 con i finanziamenti pubblici di fondi nazionali e regionali per il contrasto alla povertà ha ampliato la rete assistenziali con l’assunzione di 6 assistenti sociali e l’apertura di altrettanti punti di accesso.
Tra il 2017 e il 2019 le domande per il Reddito di inclusione, nell’area, siano state 385, di cui 244 accolte, con Schio a fare la parte del leone: 181 le domande, anche se in proporzione è Thiene ad avere la percentuale più alta di beneficiari. Dopo l’introduzione del reddito di cittadinanza, fino a giugno, a Schio sono state presentate 248 domande, praticamente il doppio rispetto a Thiene, dove le richieste sono 125; seguono Malo (41), San Vito di Leguzzano e Marano (20) e Santorso (16). Nel 2018 i Comuni hanno erogato perlopiù fondi per la non autosufficienza, con 4.269 euro, in media, per utente.
“Importanti sono le azioni di recupero delle competenze personali per aiutare le persone a reintegrarsi nel tessuto sociale” dice l’assessore al Sociale del Comune di Schio Cristina Marigo e la capillarità di rete sociale del territorio permette di intercettare i bisogni dei cittadini. Preziosissimi sono i Piani di Zona attivati nel distretto socio sanitario”
Per Alessandra Corò, direttrice Distretto 2 dell’ULSS7 Altovicentino c’è il rischio di istituzionalizzare la precarietà con soluzioni sanitarie che già lavora con le proprie strutture per la tutela dei minori, i non autosufficienti, cura agli anziani soli oltre i 65 anni di età e la disabilità mentale, sostenendo il pagamento delle rette alberghiere in pensionati o unità alloggiative con specifici fondi di solidarietà.
Senza gli aiuti della rete intercomunale sarebbe difficile trovare soluzioni per le persone -avverte Corò- non certificate da particolari patologie.
Molto rimane ancora da fare per rispondere al disagio come denunciano alcuni rappresentanti delle Caritas locali che anticipano i costi delle bollette o delle rette scolastiche dei figli di famiglie in disagio economico.
L’assessore di Thiene Anna Maria Savio risponde prontamente che i Comuni hanno difficoltà ad intervenire se non ci sono le dovute informazioni sullo stato economico delle persone richiedenti aiuto e aggiunge “ C’è una sensazione che alcuni casi siano solo di puro assistenzialismo”
Non si può parlare ancora di emergenze sociali, ma certo di spie di un disagio sociale che sta aumentando giorno dopo giorno.
Ottimo articolo del buon Diego.
Talmente Ottimo che lo manderei a ZaiaGalan & Compary de merenda,
che con l’Avariato vicentino,
comandano il veneto e vicentino da vari mandati,
ma ” Zè colpa del governo “, loro non centrano mai,
loro non hanno mai messo nessuna firma sul cataclisma di porcate (eufemismo) che sono “capitate” nel LORO Territorio di competenza e per cui sono lautamente pagati da decenni.
Logicamente lo hanno potuto fare con i Prenditori & Avvelenatori che li pagavano le campagne elettorali milionarie ?
Lo hanno potuto fare tramite i capi e vice di ArpaV, Coldiretti, Cementieri, Stradari,… che…per poi far finta di piangere quando scoperti… Ma la colpa zè sempre dei Komunisti e dei immigrati ciò o o.. A ghè 4 milioni de veneti che beve e magna aqua col Velèn, “potabbbbile a norma de legge”… cossì podemo brindar co el Prosekko de Zaia al Glifosate ciòoo o ?
Màh, non so ! Boh !