Le donne di tutta Italia, assieme a tanti uomini che hanno a cuore i diritti civili si mobilitano contro la proposta di legge Pillon. Saranno in più di 50 piazze per dire “no” sull’affido condiviso dei figli.
A unirsi alla protesta, sottolineando nuovamente il proprio stato di agitazione permanente, sarà il gruppo di Non una di meno. Ma non solo. Ad appoggiare la causa, per la quale già in 100mila hanno firmato una petizione su Change.org saranno anche diverse associazioni, organizzazioni e sindacati, tra cui la Cgil.
Il dissenso verso il testo, da quando cioè il senatore leghista Simone Pillon, membro e promotore del gruppo parlamentare Vita Famiglia e Libertà, ha presentato la proposta di legge, è cresciuto giorno dopo giorno. Infatti, pur volendo “equiparare i diritti e i doveri di marito e moglie al momento della separazione” , secondo molti il ddl di fatto crea delle disuguaglianze ancora maggiori. “È una proposta intrisa di violenza, affermano i vari comitati.
A Vicenza, una delle 50 piazze italiane a mobilitarsi, le donne di “Non Una Di Meno Vicenza” con a fianco “Donna Chiama Donna” domani alle 10 si troveranno in Piazza Esedra, per una mobilitazione e marcia (da Campo Marzio verso Corso Palladio, Piazza dei Signori per terminare in Piazza Matteotti).
Sono 5 i NO che verranno ribaditi nelle piazze il 10 novembre, in una mobilitazione che coinvolge non solo il movimentismo femminista, ma anche l’associazionismo democratico, tante realtà della società civile, uomini e donne che da subito si sono espressi contro il Disegno di legge Pillon su separazione e affido.
NO alla mediazione obbligatoria e a pagamento
NO all’imposizione di tempi paritari e alla doppia domiciliazione/residenza dei minori
NO al mantenimento diretto
NO al piano genitoriale
NO all’introduzione del concetto di alienazione parentale.
“Se verranno approvati”, scrive il comunicato divulgato dal movimento “Non Una Di Meno Vicenza” , “il Disegno di legge Pillon e gli altri 3 disegni di legge sulla stessa materia attualmente in discussione al Senato, separazione e affido rischiano di diventare un campo di battaglia permanente.
Di fatto si vieta il divorzio a chi è meno ricco perché le separazioni saranno fortemente disincentivate dagli alti costi imposti dalla mediazione obbligatoria e a pagamento.
I figli e le figlie diventeranno ostaggi di un costante negoziato sotto tutela per far funzionare il mantenimento diretto a piè di lista e il piano genitoriale con doppio domicilio.
Le donne, la parte in genere economicamente più debole delle coppie perché su di esse grava il lavoro di cura e perché hanno mediamente stipendi più bassi anche a parità di lavoro, rischiano di restare stritolate in un percorso pensato soprattutto per imporre e arricchire una nuova figura professionale, quella del mediatore familiare, anche disconoscendo la pervasiva violenza maschile che è causa di tante separazioni.”