Oggi si celebra la Giornata Mondiale dell’acqua. Il prezioso liquido, viene considerato come “bene comune, fonte di vita e quindi un capitale naturale, non mercificabile”. Per difenderla servirebbero dunque più strumenti di diritto che infrastrutture. Diventa perciò fondamentale rigenerare foreste, proteggere i fiumi e salvaguardare le zone umide.
Il World Water Day, questo il nome originario in inglese della giornata, le Nazioni Unite chiedono quindi a tutti gli Stati membri di lavorare su questo tema e in tutto il mondo si organizzano ogni anno attività di sensibilizzazione e promozione affinché il diritto all’acqua possa essere sempre più rispettato.
Rispetto, però disatteso a livello mondiale. Secondo le Nazioni Unite sono più di 663 milioni le persone che vivono ancora senza un accesso all’acqua vicino a casa. Persone che devono camminare per chilometri o fare lunghe code per poter usufruire delle risorse idriche. A complicare il quadro sono le crisi idriche dovute ai mutamenti climatici, che aggravano un panorama già complesso.
L’accesso all’acqua rappresenta, in molti paesi, una vera e propria competizione tra gli usi umani: industriali, agricoli e cittadini. Un problema, quello dell’accesso idrico, che spinge le popolazioni a migrare o a lottare accanitamente per conquistare bacini idrici. Anche l’ Italia soffre la diminuzione di fonti idriche sicure. Lo abbiamo visto l’anno scorso con il Lago di Bracciano, nel Lazio, che si sta svuotando per permettere a Roma, la nostra capitale, di avere acqua potabile; lo abbiamo percepito con l’abbassamento dei livelli dei laghi pedemontani dell’Italia del Nord, lo vediamo con i fiumi che vanno in secca.
Ma dovè c’è anche acqua in abbondanza come nella nostra zona di pianura, spesso la sperperiamo inquinandola in modo irreversibile con varie sostanze chimiche sparse in modo cinico da aziende senza scrupoli. Le nostre falde sono state impregnate di metalli pesanti, trieline e il famigerato cromo esavalente che ha interessato per decenni la zona di Tezze sul Brenta. Ora c’è l’allarme del Pfas, queste sostenze perfluoroalchiliche che sono partite da Trissino per raggiungere nel tempo -come riporta Legambiente- 79 Comuni tra le province di Vicenza Padova e Verona e circa 350mila cittadini. L’azienda colpevole dello sversamento è la Miteni, indicata dai documenti di ArpaV e dalla relazione del NOE come principale responsabile di inquinamento della falda. Il Consiglio dei ministri, mercoledi scorso, ha dichiarato lo stato di emergenza per i Pfas in Veneto, con la contestuale nomina di un commissario. Lo ha reso noto il governatore del Veneto, Luca Zaia. “Dico che il tempo è galantuomo – dichiara Zaia nella nota Ansa -. Ricordo che quando ho fatto la richiesta dello stato di emergenza per i Pfas a settembre dello scorso anno, sono stato attaccato da mezzo mondo, dicendo che erano pure fantasie quelle di pensare ad un commissario e che il governo non l’avrebbe mai concesso. Vedo invece che ora la proposta che ho fatto è stata accolta, anche se ai tempi supplementari, da un governo che in pratica non esiste più. Peccato, perché così si sono persi un sacco di mesi” come riporta ancora il Corriere del Veneto.
Per Greepeace, a nome del suo portavoce Giuseppe Ungherese, responsabile campagna inquinamento “questo cambio di rotta è ovviamente finalizzato alla realizzazione di costosi nuovi acquedotti, necessari a garantire acqua potabile sicura ai cittadini. Tuttavia, se il Commissario non interverrà subito sulle fonti inquinanti, spingendo anche la Regione a completarne il censimento, – ha aggiunto il responsabile di Greenpeace – è sin troppo facile prevedere che molti altri soldi pubblici dovranno essere spesi in futuro per fronteggiare l’emergenza mentre la popolazione veneta rimarrà esposta ai PFAS anche nei decenni a venire”.
La Regione Veneto ha quindi sottovalutato il problema per anni e solo dopo massicce proteste pubbliche si sono fatte le prime indagini epidemiologiche e dopo un periodo di cura con il metodo della plasmaferesi per ripulire il sangue dal contaminante, la Regione è stata costretta a sospendere la cura dopo i contrasti con la comunità scientifica che pone dei dubbi sull’efficacia del trattamento sanitario.
In ultima si apre un nuovo fronte: quello della recente riforma regionale sulle attività di cava. I Consiglieri regionali Cristina Guarda (AMP), Fracasso e Zanoni (PD) insorgono: “Il Piano cave ignora l’inquinamento da Pfas: sbagliato prevedere estrazioni nelle zone contaminate. Non è certo un passo in avanti per le politiche ambientali del Veneto”. “Il Prac dovrebbe sviscerare problemi e aspetti ambientali veneti connessi all’attività di cava ma così è un incompiuto. Si basa su una Vas (Valutazione ambientale-strategica) relativa al 2011-2014 e non tiene conto della questione Pfas, che all’epoca era sottovalutata dalla Regione. È una scelta incomprensibile, poiché nel 2017 è stato fatto uno screening per verificare se necessario aggiornare o meno la Valutazione Ambientale. La scelta è ricaduta sulla seconda ipotesi e secondo noi è un errore. Non riteniamo affatto opportuno che venga banalizzato il rapporto fra scavi e inquinamento da Pfas, a causa di un piano aggiornato a quattro anni fa e ai timori di dover precludere l’opportunità di escavazioni anche a quei territori colpiti da altri fenomeni di inquinamento: il divieto di scavi sottofalda è positivo ma non è una garanzia!”. “È una decisione sbagliata, -continua la nota congiunta dei tre consiglieri- e anche poco comprensibile sia quella di consentire l’estrazione che l’esportazione di ghiaia dalla zona contaminata. Questa grave mancanza di attenzione, infatti, cozza con il percorso della Giunta regionale che dopo aver a lungo minimizzato il problema Pfas, almeno fino a metà 2016, e le ripercussioni sanitarie, oggi, in seguito alle numerose sollecitazioni da parte dell’opposizione, chiede lo stato di emergenza”.
In conclusione la Giornata mondiale dell’acqua ci porta a fare delle serie riflessioni su come gestiamo “l’oro blu”, fonte primaria della nostra vita. Senza di essa aumenteranno inevitabilmente i conflitti e la sicurezza per la salute. I mutamenti climatici aggravano la precaria situazione, ma anche se esistono le fonti idriche, le sprechiamo abusando nei consumi o inquinandola inesorabilmente come sta succedendo nel Veneto o in altri luoghi italiani a causa delle discariche abusive mafiose. Serve quindi una sensibilità diversa verso questo bene assoluto per la vita umana.