Due vicentini in soccorso per l’Africa. Tra i tanti italiani che danno un contributi ad alleviare le sofferenze di questa parte del mondo Cecilia e Ottavio di Settecà di Vicenza sono tra questi. Partiti qualche settimane fa, dopo aver accettato l’invito del gruppo missionario locale, per l’ ospedale di Gala Gala, un piccolo villaggio della regione di Adamawa in Camerun sono al lavoro assieme ad altri 6 volontari provenienti dalla Svizzera e dalla Francia. La piccola struttura sanitaria voluta dalle suore della Carità di Brescia coordinate da Suor Maria Grazia Delandini è ancora un cantiere aperto. A 6 chilometri dalla missione della Congregazione di Santa Giovanna Antida Thouret, per Ottavio, esperto falegname e tuttofare e per Cecilia, infermiera in pensione l’impegno non manca. Arrivano infatti nel nuovo piccolo presidio ospedaliero di 90 posti letto centinaia di adulti e bambini debilitati dalla malaria e dalle gravi malattie causate dai parassiti.
I lunghi viaggi affrontati dalle famiglie per raggiungere l’ospedale, spesso a piedi, sono fatali per tanti bambini che muoiono a causa delle infezioni. Una sofferenza per tutti! Comunque, nonostante i tristi lutti vince la speranza per la consapevolezza che tanti altri piccoli pazienti, dopo le cure adeguate, riescono a guarire e sorridere. Per queste aree povere, lontane da ogni comodità, in una battaglia quotidiana per sopravvivere, questi avamposti per la salute sono una risorsa non solo medica ma anche sociale. I volontari, sia quelli del posto, che quelli giunti in aiuto dall’estero come la veronese Cristina, tecnica di laboratorio, che si occupa della farmacia assieme all’aiuto di Cecilia, sono momenti di condivisione umana nonostante le dure fatiche della giornata. L’ospedale ora sta ampliando la sua struttura con la costruzione di un dispensario e l’esperienza di Ottavio, per esempio, è fondamentale per portare a compimento la realizzazione del padiglione, assieme all’indispesabile aiuto dei residenti di Gala Gala.
Piccole gocce nel deserto degli egoismi che creano muri invece di aprire porte. Gran parte dell’Africa non trova pace e i conflitti continuano a mietere migliaia di vittime e milioni di profughi che cercano rifugio in qualche luogo dove ci sia Pace. Queste guerre tribali o nazionali trovano poco spazio tra i media occidentali impegnati per lo più a descrivere le ennesime proposte politiche degli Stati europei di bloccare il flusso di rifugiati in fuga dalle violenze africane. Solo nella Repubblica Centrafricana dallo scorso 12 giugno 2016 la faida interetnica tra pastori e agricoltori vicino alla città di Ngaoundaye, nella regione di Ouham Pendetra ha provocato la fuga di 15 mila persone per cercare rifugio in Ciad e Camerun secondo i dati forniti dall’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati -Unhcr-. La stessa organizzazione di Medici Senza Frontiere ritiene la situazione drammatica tanto che ha deciso di sospendere qualsiasi aiuto non essenziale nell’area per protesta dopo l’uccisione di un’autista di uno dei suoi convogli, avvenuta nella zona centro-orientale del paese.
Il Camerun sta cercando di aiutare queste popolazioni in fuga cercando di fornire il suo contributo con l’apertura delle frontiere e l’accoglienza di migliaia di profughi (anche all’interno del campo profughi di Minawao, attivato per opera dell’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati nel luglio 2013). anche con il rischio che la recente crescita di alcune correnti di riforma islamista come Boko Haran sta creando anche qui forti tensioni sociali. Uno Stato, dunque, stretto da nazioni come la Nigeria, il Congo e la Repubblica Centrafricana dove la violenza persiste. Le comunità internazionali stanno dando aiuti al Paese africano appunto per dare ospitalità alle poersone sfollate dai loro territori martoriati, tuttavia stando agli ultimi dati forniti dall’UNICEF, risulta che il 46% dei minorenni vive in condizioni di povertà, ed è considerevole la disparità esistente tra le aree rurali (soprattutto nella regione di Adamaoua) e quelle urbane del Paese. Nello specifico, il 33% di questi bambini soffre di malnutrizione cronica e, purtroppo, la situazione è anche aggravata da malattie persistenti, quali HIV, malaria e tubercolosi. Ma queste popolazioni,, se trovano una risposta minima ai loro bisogni vitali, non intendono abbandonare le loro terre, anzi. I volontari, europei, danno quindi un messaggio preciso ai governanti litigiosi e impauriti di fronte a questi esodi biblici: non rimaniamo indifferenti, andiamo per la Pace a dar pace alle sofferenze con aiuti concreti in cui la vita ritrovi la dignità di essere umani.