A due giorni dalla scomparsa di Zygmunt Bauman, all’età di 91 anni, ci si interroga ancora una volta su quanto il sociologo polacco ha teorizzato sulla “società liquida”, un mondo individualista e consumista dove l’essere ora è più importante di essere dopo, sfuggente a ogni categorizzazione del secolo scorso e quindi inafferrabile. Questo a causa della globalizzazione, delle dinamiche consumistiche, del crollo delle ideologie che nella postmodernità hanno causato uno spaesamento dell’individuo e quindi la sua esposizione brutale alle spinte, ai cambiamenti e alle “violenze” della società contemporanea dell’incertezza, che spesso portano a omologazioni collettive immediate e a volte inspiegabili per esorcizzare la “solitudine del cittadino globale”, come si chiama uno dei suoi lavori più celebri.
E’ difficile sintetizzare in poche righe la grande mole di lavoro fatto da Zygmunt Bauman: ci soffermiamo solo sulle riflessioni che ha riservato a Internet, in particolare ai social media accusati di creare l’illusione di una rete affettiva in realtà inesistente. E’ il gatto -semplificando- che vede con gli occhiali un mondo distorto, ambivalente. Le ricerche sociali hanno mostrato che la maggior parte delle persone usa Internet non per aprire la propria visione ma per chiudersi dietro degli steccati, per costruire delle “comfort zone”. Un po’ come quei quartieri fuori città circondati da cancelli, da guardie armate e da telecamere a circuito chiuso, dove le persone vivono in una sorta di mondo immaginario, senza controversie, senza conflitti, senza esporsi alle differenze.
Secondo il sociologo, la nostra esistenza ha conosciuto, con la rivoluzione digitale, l’impatto con una divisione, quella tra online e offline, che ci ha imposto di vivere allo stesso tempo in due differenti dimensioni. In questo contesto, i bambini incontrano Internet ormai già a 4 anni e crescono senza nemmeno poter immaginare che la connessione al Web possa non esserci, tanto il nostro rapporto con la vita online è diventato stretto. La Rete, per Bauman, è parte del progresso, ma porta con sé anche un numero di “perdite collaterali”. L’automatizzazione del lavoro, ad esempio, causa diminuzione di posti di lavoro “umani” sia nell’industria pesante che nel lavoro intellettuale, ha puntualizzato Bauman: “i server stanno immagazzinando la nostra conoscenza e la nostra capacità di memorizzare sta scomparendo”.
Tuttavia internet rende ora possibili cose che prima erano impossibili. Potenzialmente, dà a tutti un comodo accesso a una sterminata quantità di informazioni: oggi abbiamo il mondo a portata di un dito. In più la Rete permette a chiunque di pubblicare un suo pensiero senza chiedere il permesso a nessuno: ciascuno è editore di se stesso, una cosa impensabile fino a pochi anni fa. Ma tutto questo — la facilità, la rapidità, la disintermediazione — porta con sé anche dei problemi. La complessità spesso non è un’esperienza piacevole e costringe a uno sforzo.
Internet è il contrario: ti permette di non vedere e non incontrare chiunque sia diverso da te. Per esemplificare questa dicotomia tra guadagno e perdita dovuta al progresso, Bauman ha citato Mark Zuckerberg e l’incredibile successo di Facebook: il social network ha intercettato la nostra paura di non essere visti ed essere soli e ha fondato il suo successo sull’allontanamento di questa paura: “il fondamento delle relazioni online è la soddisfazione”, ha specificato Bauman, “e le relazioni diventano estremamente fragili”. Facebook ci dà un “gadget” che ci fa credere di poter incontrare 500 amici in un giorno stesso, “io non sono riuscito a farne altrettanti in 80 anni di vita”, aveva scherzato Bauman. “Il problema con Facebook e gli altri social netwok è che promettono esattamente quello che il progresso promette: rendere la nostra vita più semplice”. Questo meccanismo si presenta anche nella gestione delle relazioni umane e sentimentali. Per Bauman, i social media servono, ad esempio, a rendere semplice la conclusione della relazione con un’altra persona, superando le dinamiche del mondo “offline”. Ma siamo davvero felici di questa possibilità? Per Bauman la sua risposta è stato NO: “la felicità non è evitare i problemi, la felicità è superarli”.
Ma come uscire da questa condizione? Per l’autore della “vita liquida” una risposta è piuttosto ovvia: “parlando gli uni con gli altri e dimostrando interesse nel dialogo” per mantenere vivo l’interesse nei confronti di chi la pensa in modo diverso, evitando opinioni preconcette. La seconda soluzione è “essere aperti”, dando inizio a un dialogo tenendo viva la possibilità che le nostre opinioni possano essere sbagliate. La terza possibilità è la cooperazione: “il dialogo non deve servire a far prevalere il nostro ego”, ha spiegato Bauman, “perché nel dialogo con il diverso non devono esserci né vincitori, né vinti”. Queste “arti” sono messe a repentaglio da Internet, nella visione di Bauman. Allo stato delle cose, riscoprire queste capacità di dialogo nei confronti del diverso è una questione “di vita o di morte” per il nostro futuro perché, ha chiosato Bauman, “Il Futuro non esiste, il futuro va creato”.
A nostro avviso Zygmunt Bauman è stato, tra i grandi intellettuali, quello che ci ha messo davanti agli occhi un paio di lenti che ci consentono di vedere la complessità di un mondo vincolato al presente di essere qui soli e nello stesso tempo insieme. Un mondo che non ha trovato appunto ancora il suo “futuro”. Grazie Zygmunt