La tremenda tempesta di Vaia che ha distrutto i boschi tra il Veneto e il Trentino viene ricordata oggi con un convegno organizzato dalla Fondazione Monte di Pietà di Vicenza alle 18 nella sala dei Pegni.
Il prof. Raffaele Cavalli, componente del Tesaf (Dipartimento Territorio e Sistemi Agro-forestali) dell’Università di Padova, nonché professore ordinario di Utilizzazioni forestali alla Facoltà di Agraria dello stesso ateneo e referente per il supporto tecnico-scientifico della Regione del Veneto per le problematiche di Vaia., analizzerà con questo incontro l’impatto devastante della tromba d’aria che ha divelto 8,5 milioni di metri cubi di bosco mettendo in crisi l’economia locale che ha nell’industria forestale una delle principali fonti di reddito.
Il recupero del legname viene svenduto: dagli 80 euro a metro cubo di è passati ai 20 euro e una consistente parte dei tronchi recuperati prende la strada della Cina e a un anno dal ciclone sei alberi su dieci (60%) sono ancora a terra come denuncia Coldiretti, con un danno secondo una stima dell’Università di Padova che tiene in considerazione anche le perdite di valore per il settore produttivo e per l’ambiente, di 630 milioni di euro.
“Nei giorni del 29 e 30 ottobre 2018 – ricorda Cavalli – la tempesta Vaia ha investito con precipitazioni piovose e raffiche di vento di eccezionale intensità le aree prealpine e alpine dell’Italia nord-orientale, causando gravi danni alle abitazioni, alle infrastrutture e, soprattutto, ai boschi. In particolare, il danno stimato nelle aree forestali è superiore agli 8 milioni di metri cubi di legname e ad esso si associa la perdita di una serie di servizi eco-sistemici legati alle foreste, quali la protezione dalle frane, dalle valanghe e dalle alluvioni, e la riduzione dell’accumulo di anidride carbonica. La serata al Monte di Pietà – conclude l’esperto – rappresenta un momento di riflessione sulle origini della tempesta, su quanto si è fatto nel primo anno e sui rischi cui sono sottoposte le foreste alpine a seguito del surriscaldamento globale e della conseguente emergenza climatica”.
Un appuntamento, questo, fortemente voluto dalla Fondazione Monte di Pietà, da sempre impegnata per il benessere e lo sviluppo del territorio e delle sue comunità: “Le immagini di Vaia – commenta il presidente della Fondazione, Giuseppe Nardin -, che ci hanno portato dentro al dramma che si era consumato nelle nostre montagne, rimarranno impresse nella nostra memoria come altri eventi che, in passato, hanno evidenziato la scarsa attenzione che l’uomo pone nell’ascoltare i messaggi che la natura gli invia per segnalargli la sua fragilità, l’abuso delle risorse disponibili o lo stress al quale sottopone l’ecosistema. Da pochi giorni abbiamo ricordato la tragedia del Vajont, quel terribile 9 ottobre 1963; ora ricordiamo Vaia; due date fra le tante – conclude Nardin – delle quali dobbiamo mantenere viva la memoria, per riflettere sul contributo quotidiano che ognuno di noi può dare per salvaguardare l’ambiente”.
Il rimboschimento è iniziato da tempo con varie iniziative tra cui 16.500 alberi adottati in crowdfunding da cittadini, istituzioni e privati di tutta Italia perché vengano piantati tra Veneto, Trentino e Friuli, nelle aree colpite dalla tempesta Vaia (che ha interessato anche la Lombardia).
Tra gli alberi adottati online, quelli presi in carico offline da aziende e amministrazioni locali attraverso Etifor e quelli che ricresceranno spontaneamente a seguito degli interventi di rigenerazione del terreno già effettuati, è stata messa in moto la presenza entro il 2020 di 50.000 nuove piante. “La risposta delle persone è stata magnifica – osserva Lucio Brotto, fondatore di Etiforspin-off dell’Università di Padova, – a dimostrazione del fatto che la foresta è un bene comune di cui si intende prendersi cura. Le opere di riforestazione con alberi adottati sono già cominciate nelle cinque aree di cui ci stiamo occupando e si intensificheranno nella primavera 2020”. Oltre alla Val di Sella, dove sono stati già piantati 500 nuovi alberi, si può intervenire attivamente in Val di Fiemme, a Feltre, a Livinallongo e a Enego scegliendo quale specie piantare e dove.
Lo spazio per un rilancio della forestazione nazionale è enorme se si considera che – spiega la Coldiretti – l’Italia importa dall’estero più dell’80% del legno necessario ad alimentare l’industria del mobile, della carta o del riscaldamento per un importo di oltre 4 miliardi nel 2018. L’industria italiana del legno – conclude la Coldiretti – è la prima in Europa, ma con legname che arriva da altri Paesi vicini come Austria, Francia, Svizzera e Germania a dimostrazione di un grande potenziale economico inutilizzato.